![abuso diritto agenzia entrate notaio conferimento azienda fusione](https://static.wixstatic.com/media/a27d24_83f4132123e04a7bac5146e5f5877c4c~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_532,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/a27d24_83f4132123e04a7bac5146e5f5877c4c~mv2.jpg)
La risposta all'interpello 123/2020 dell'Agenzia delle Entrate è degna di nota, in quanto prende in considerazione il caso in cui un consorzio (in fase di liquidazione) realizza una serie di operazioni straordinarie concatenate, che vengono ritenute fiscalmente autonome, senza alcun profilo di abusivismo ai sensi dell'art. 10 bis della legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto del Contribuente).
In particolare, un consorzio ha dapprima conferito un ramo d'azienda nella società Alfa.
Successivamente, si è proceduto mediante una fusione inversa, a mezzo della quale la società Alfa ha incorporato il consorzio (che a tale data deteneva a patrimonio anche la partecipazione in Alfa).
Con l'interpello, l'istante chiedeva se tale fattispecie può realizzare "abuso di diritto" ai sensi del citato art. 10 bis della L. 212/2000, secondo cui "configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti", quali ad esempio "operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali".
Nonostante la risposta all'interpello non ne faccia menzione, ritengo opportuna una considerazione preliminare.
Negli anni, l'Agenzia delle Entrate ha spesso fondato recuperi di imposta sulla base della valorizzazione/riqualificazione di operazioni economiche costituite da più atti collegati.
In materia di imposte indirette, l'art. 20 del Testo Unico sull'Imposta di Registro prevede che "l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente".
Sulla base di tale norma, l'Agenzia delle Entrate ha fondato recuperi di imposta riqualificando ad esempio un'operazione di conferimento d'azienda seguita dalla cessione delle quote sociali in cessione d'azienda (fiscalmente molto più onerosa, in quanto soggetta ad imposta di registro proporzionale e non fissa).
Al fine di contrastare tali riqualificazioni, il Legislatore è intervenuto con la Legge di Bilancio del 2018 (Legge 27 dicembre 2017 n. 205): all'art. 20 T.U.R. è stata aggiunta la previsione che l'imposta deve comunque essere determinata "sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati".
Di conseguenza, l'Agenzia delle Entrate non potrebbe più - sulla base del citato art. 20 T.U.R. - riqualificare come cessione d'azienda l'operazione di conferimento d'azienda seguita dalla cessione delle partecipazioni.
Tuttavia, l’art. 53-bis d.p.r. n. 131/1986, relativo alle attribuzioni e poteri degli uffici, fa comunque salva l'applicazione dell’art. 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante la disciplina sul contrasto all’abuso del diritto (applicabile sia in materia di imposte indirette che di imposte dirette).
La dottrina prevalente e il Consiglio Nazionale del Notariato ritengono che non possa essere contestato il ricorso ad uno strumento negoziale in luogo di un altro laddove esso derivi da una scelta tra tipi negoziali ai quali il legislatore attribuisca differenti regimi fiscali, trattandosi di una scelta consentita alla luce del principio del legittimo risparmio di imposta.
Ebbene, l'Agenzia delle Entrate si è espressa con riferimento all'ipotesi di conferimento d'azienda e successiva fusione inversa e, prescindendo da una riqualificazione ex art. 20 T.U.R. (che in conseguenza della citata modifica legislativa deve ritenersi non più possibile), ha escluso anche l'abusività ai sensi dell'art. 10 bis della legge 212/2000.
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