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VENDITA DI IMMOBILE NON ULTIMATO DA IMPRESA

Immagine del redattore: Marco StraMarco Stra

agenzia entrate vendita immobile in corso di costruzione

Con la risposta all’interpello n. 241/2020, l’Agenzia delle Entrate ha posto chiarezza a due ipotesi frequenti nella prassi, ma non espressamente disciplinate dal legislatore sotto il profilo fiscale e ancora foriere di dubbi interpretativi.

Si tratta dei casi in cui un’impresa vende un immobile non ancora ultimato, in quanto collabente (ossia diruto, che non può essere recuperato se non previa demolizione dello stesso) ovvero ancora in corso di costruzione.


Le due ipotesi sono distinte, ma accomunate dall’ufficio sotto il profilo fiscale.

Nel primo caso, l’acquirente è interessato al sito e alla relativa potenzialità edificatoria, ma non al fabbricato dismesso che sarà in seguito demolito.

Nel secondo caso, invece, l’acquirente procederà in proprio o tramite terzi appaltatori ad ultimare il fabbricato acquistato. Solitamente, il contratto preliminare prevede espressamente che i lavori di ultimazione delle opere sono a totale carico della parte acquirente.


Ebbene, in entrambi i casi ci si è interrogati sull’applicazione dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo cui sono esenti da IVA "le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione".


La questione – sotto il profilo dell’imposizione indiretta – rileva, in particolare, in merito all’applicazione delle imposte ipotecaria e catastali in misura proporzionale, oltre che all’assoggettamento ad I.V.A. della compravendita.

Infatti, sia nel caso di cessione soggetta ad I.V.A. che per le cessioni esenti, l’imposta di registro sarebbe sempre fissa di euro 200,00, mentre le imposte ipotecaria e catastale sarebbero fissate rispettivamente al 3% e all’1%.


Con la risposta all’interpello in commento, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato la circolare n. 12 del 1° marzo 2007 (ed in senso analogo le circolari n. 12/E del 12 marzo 2010 e n.18/E del 23 maggio 2013), in cui si è precisato che “l'articolo 10, nn. 8-bis) e 8-ter) del d.P.R. n. 633 del 1972, nell'individuare il regime IVA applicabile alla cessione di fabbricati, non tratta specificamente anche dei fabbricati «non ultimati»” e pertanto può ritenersi che “la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d'imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo (...) sia esclusa dall'ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell'articolo 10 del d.P.R. n. 633 del 1972 trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione, pertanto, deve essere in ogni caso assoggettata ad IVA”.


Di conseguenza, la compravendita di immobili collabenti o non ancora ultimati in quanto in corso di costruzione sarà sempre assoggettata ad I.V.A. e sconterà le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa di euro 200,00 (per il principio dell’alternatività IVA/Registro).


A fini prudenziali, si ritiene opportuno che nelle ipotesi in questione lo stato di fatto dell’immobile si rifletta anche nell’accatastamento; pertanto, prima di procedere alla stipula della compravendita si dovrebbe procedere ad accatastare il fabbricato nelle categorie “fittizie” prive di rendita catastale (F/2 – F/3 – F/4)

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